Giunti all’ultimo capitolo di questa rubrica, non ci resta che vedere come venivano festeggiati, in passato, la domenica di Pasqua e il lunedì di Pasquetta.
Sino a qualche anno fa, la messa di risurrezione si celebrava il sabato mattina in ogni chiesa tranne che in Cattedrale dove, invece, veniva celebrata alle 10, alla presenza di tutto il clero e dei fedeli. Verso le 11, invece, la città si preparava alla festa.
Al termine delle celebrazioni, le campane della Cattedrale, insieme a quelle delle altre chiese, della sirena e dei clacson delle automobili, suonavano “a festa” mentre il sacrestano liberava due colombe bianche che teneva in gabbia dietro l’altare.
Al suono delle campane, le donne si recavano a casa per potersi inginocchiare in atto di adorazione, recitando il Credo e chiedendo al Signore una benedizione per i loro figli; altre battevano le scope contro il letto, per scacciare il diavolo o il malocchio.; bambini e ragazzi correvano per le vie con trombette, coperchi di stagnola, tegami, mazze, etc., facendo gran baccano mentre i fabbri battevano i martelli sulle incudini.
Alle 12, i sacerdoti cominciavano la benedizione delle abitazioni e, a volte, dopo aver benedetto anche le tavole imbandite, ricevevano in cambio uova, ciambelle e denaro.
Il divertimento non mancava!
Un gioco che allietava le serate pasquali era detto “tezzò redd’òve“. Esso si svolgeva in piazza Duomo o in piazza Margherita e ci giovavano spesso uomini adulti. I concorrenti dovevano colpirsi l’un l’altro con un solo uovo e colui che rimaneva con il guscio del proprio uovo intatto, sarebbe stato proclamato vincitore.
Importante era anche la giornata del Lunedì dell’Angelo, che a Bisceglie prende il nome di lunedì del Pantano. In questa giornata la maggior parte della popolazione si recava in campagna, portando con sé grandi quantità di cibo, come tegami di pasta al forno, uova sode, seppie ripiene, dolci, etc.; altri si recavano presso il Pantano (da questa tradizione nasce il nome di “Lunedì del Pantano”) oppure rimanevano in casa a fare baldoria, e poi, finito di pranzare, passeggiavano nei campi, sotto il cielo spesso azzurro e profumato della primavera1.
NOTE:
- Cosmai M., Leggende e tradizioni biscegliesi, Levante, Bari (1980)
Per l’immagine di copertina si ringrazia il Centro Studi Biscegliese
Articolo di: Irene Confalone
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